LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI GENOVA 
                              Sezione 1 
 
    riunita con l'intervento dei sig.ri: 
        Delucchi Marcello, Presidente e relatore; 
        Castelli Franco, giudice; 
        Morbelli Luca, giudice; 
    ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 95/2018 depositato
il 17 gennaio 2018; 
    avverso avviso di  accertamento  n.  TL3022303809/2017  IVA-Altro
2012; 
    avverso avviso di accertamento n. TL3022303809/2017 IRAP 2012; 
    contro: Agenzia Entrate Direzione provinciale Genova; 
    avverso avviso di  accertamento  n.  TL3022303809/2017  IVA-Altro
2012; 
    avverso avviso di accertamento n. TL3022303809/2017 IRAP 2012; 
    contro: Acquaefarina  di  Dellanoce  Massimo  &  C.  S.a.s.,  via
Garibaldi, 1 - 16035 Zoagli; 
    avverso avviso di  accertamento  n.  TL3022303809/2017  IVA-Altro
2012; 
    avverso avviso di accertamento n. TL3022303809/2017 IRAP 2012; 
    contro: Dellanoce Massimo, via G. Matteotti, 23 - 20089 Rozzano; 
    proposto dai ricorrenti: Cuzzi Marco, v.le  Monza,  191  -  20126
Milano; 
    difeso da: Naio Francesco, p.zza Duse, 2 - 20100 Milano; 
    difeso da: Pacchiarotti Fabrizio Gaetano, p.zza Duse, 2  -  20145
Milano. 
Conclusioni. 
    Per il ricorrente: 
        Accogliere per la forma il  presente  ricorso  e,  del  pari,
accogliendone le motivazioni di rito e di merito, rejectis adversis: 
          1. - in via cautelare accogliere l'istanza  di  sospensione
dell'avviso, anche ai  sensi  dell'art.  47,  comma  3,  del  decreto
legislativo n. 546/1992; 
          2.  in  via  preliminare  e   assorbente,   riconoscere   e
dichiarare  illegittimo,  infondato,  nullo  o   comunque   annullare
integralmente l'atto impugnato per vizi afferenti alla sottoscrizione
(1° motivo); 
          3. in via principale, con riferimento ai rilievi in materia
di IRAP e IVA, riconoscere e dichiarare illegittimo, infondato, nullo
o comunque annullare l'avviso per difetto di  legittimazione  passiva
del  sig.  Cuzzi,  essendo  debiti  riferibili  esclusivamente   alla
Societa' e per i quali non sussiste alcuna  responsabilita',  neanche
solidale, del contribuente nella sua qualita' di  socio  accomandante
(2° motivo), nonche' per mancata escussione preventiva del patrimonio
della Societa' (3° motivo); 
          4. in via principale, con riferimento all'accertamento  del
reddito  ai  fini  IRPEF  e  relative  addizionali,   riconoscere   e
dichiarare illegittimo, infondato, nullo  comunque  annullare  l'atto
impugnato per assoluta carenza del presupposto impositivo in capo  al
sig.  Cuzzi,  nonche'  per  violazione  del   principio   di   capaci
contributiva (4° motivo); 
          5. in subordine, e in ogni caso, riconoscere  e  dichiarare
la non debenza di alcuna somma a titolo di sanzioni e di interessi in
ragione  della  carenza  di   qualsiasi   profilo   di   colpevolezza
ascrivibile al sig. Cuzzi (5° motivo). 
    Con vittoria di spese, diritti ed onorari di lite e  con  riserva
di  produrre  in  seguito  noti  memorie,  richieste  istruttorie   e
quant'altro ritenuto opportuno o necessario. 
    Per l'Agenzia delle entrate: 
        chiede   che   codesta   onorevole   Commissione   tributaria
provinciale adita, contrariis rejectis: 
        in    via    pregiudiziale,    dichiari    l'inammissibilita'
dell'adverso  ricorso  per  difetto  di  legittimazione  attiva   del
ricorrente  in  relazione  alla  domanda  di  annullamento  integrale
dell'avviso di accertamento per cui  vi  e'  causa,  resosi  peraltro
definitivo per mancata impugnazione, stante la  violazione  dell'art.
18 del decreto legislativo n. 546/1992; 
        in via principale, considerato che l'avviso  di  accertamento
societario e' stato notificato al ricorrente soltanto per  conoscenza
e per trasparenza (in virtu' delle disposizioni contenute nell'art. 5
del T.U.I.R.) dichiari la cessazione della materia del contendere. 
 
                      Svolgimento del processo 
 
    Con l'avviso di cui in epigrafe emesso in data 6  settembre  2017
l'Agenzia delle  entrate  di  Genova  accerto'  nei  confronti  della
societa' Acquaefarina di Dellanoce Massimo & C.  S.a.s.  nonche'  dei
soci Marco Cuzzi e Della Noce Massimo  per  il  2012  un  reddito  di
impresa (ai fini delle II.DD.) ed un valore della produzione (ai fini
IRAP) pari ad euro  79.515,00  nonche'  l'avvenuta  effettuazione  di
operazioni imponibili (ai fini IVA) pari ad euro 98.817,00.  Liquido'
le conseguenti maggiori imposte ed irrogo' una sanzione pecuniaria di
euro 38.360,80. 
    Considero' l'Ufficio che  la  societa',  esercente  attivita'  di
ristorazione in Zoagli, pur risultando attiva dal marzo del 2006  non
aveva presentato alcuna  dichiarazione  dei  redditi  per  l'anno  in
esame;  ne'  aveva  fornito  risposta  alcuna   alla   richiesta   di
chiarimenti rivoltale nella fase preaccertativa; ne'  alcuno  dei  di
lei esponenti si era presentato per attivare un contraddittorio. 
    E rilevo' che la stessa: 
        continuava  a  svolgere   attivita'   imprenditoriale   (come
comprovato dalla presenza di  una  posizione  contributiva  INPS,  da
utenze per forniture idrica, telefonica ed elettrica e dai dati dello
spesometro); 
        nel maggio del 2010 aveva ceduto a terzi un ramo  di  azienda
conseguendo una plusvalenza di euro 22.998,00; 
        nell'aprile del 2011 aveva stipulato un contratto di  affitto
di azienda pel canone annuo di euro 12.000. 
    Sulla scorta di tali premesse - che tutte militavano in favore di
una  attivita'  economica  in  regolare   svolgimento   -   l'Ufficio
determino' in via induttiva il reddito di  impresa  e  le  operazioni
societarie  fiscalmente  rilevanti,   accertando   l'imponibile   per
trasparenza anche nei confronti dei soci, pervenendo alle  risultanze
di cui innanzi. 
    Avverso tale avviso propose ricorso in questa sede  Marco  Cuzzi,
socio  accomandante,  eccependone  preliminarmente  la  nullita'  sul
rilievo  che  il  documento  non  risultava  sottoscritto  dal   capo
dell'ufficio, come previsto  dalla  legge,  bensi'  dal  dott.  Paolo
Benasso;  funzionario  delegato  dei  cui  poteri  nulla   era   dato
conoscere. 
    Nel merito - e con riferimento all'IRAP ed all'IVA -  eccepi'  il
proprio difetto di legittimazione passiva  nella  considerazione  che
detti tributi, costituendo un debito proprio  della  societa',  erano
estranei alla propria qualita' di  socio  accomandante,  responsabile
tra l'altro nei limiti della quota conferita. In ogni caso - aggiunse
- l'Ufficio avrebbe dovuto  preventivamente  escutere  il  patrimonio
societario valendo, ai sensi degli articoli 2304 e  2315  del  codice
civile, il principio della  responsabilita'  dei  soci  solo  in  via
sussidiaria; prova che l'Agenzia non aveva fornito. 
    Con riferimento, poi, al maggior reddito accertato ai fini  IRPEF
e relative addizionali, informo' che  ben  prima  dell'annualita'  in
controversia  egli  era  stato   tenuto   all'oscuro   dell'andamento
societario   da   parte   del   socio   accomandatario   che    aveva
sistematicamente omesso di fornirgli qualsiasi informazione in merito
allo svolgimento degli affari sociali; e cio' nonostante egli  avesse
prestato garanzia  fideiussoria  e  tentato  a  piu'  riprese,  anche
mediante il ricorso ad un procedimento di urgenza  ex  art.  700  del
codice di procedura civile, di ottenere le dovute  informazioni.  Ne'
egli era in possesso di alcuna notizia  circa  la  regolarita'  nella
presentazione delle  dichiarazioni  annuali,  nei  versamenti,  nelle
esposizioni debitorie della societa' e nelle relative disponibilita',
delle quali mai aveva beneficiato. 
    Quanto  innanzi  -  considero'  -   doveva   essere   tenuto   in
considerazione non solo con riguardo all'impossibilita' a  difendersi
e contestare nel merito la pretesa fiscale,  ma  anche  con  riguardo
all'assenza di un presupposto impositivo riferibile alla sua persona;
poiche' egli, non avendo avuto  alcuna  possibilita'  di  fruire  dei
redditi eventualmente prodotti, non aveva avuto alcuna  capacita'  di
disporne e quindi di possederli cosi' come previsto dall'art. 1,  con
riferimento all'art. 5, TUIR. 
    Le anzidette  considerazioni  -  concluse  -  valevano  anche  ad
escludere ogni profilo di  colpevolezza  (da  attribuirsi  semmai  al
socio accomandatario); onde  illegittima  si  appalesava  la  propria
condanna al pagamento di sanzioni ad essa correlate. 
    L'Ufficio, nel costituirsi, contesto' le  opposte  pretese  delle
quali chiese il rigetto denunciandone l'infondatezza. 
    Premessa l'inammissibilita' del ricorso,  proposto  da  un  socio
accomandante privo di ogni legittimazione attiva in relazione  ad  un
avviso di accertamento  societario,  notificato  al  socio  solo  per
trasparenza ai sensi dell'art. 5 TUIR, rilevo' che  in  base  a  tale
disposizione i redditi  societari  erano  imputati  a  ciascun  socio
«indipendentemente dalla percezione»; e quindi  anche  al  ricorrente
che rivestiva la qualita' di socio accomandante. 
    Poiche' la notifica dell'avviso societario al  Cuzzi,  effettuata
in applicazione di  tale  principio,  aveva  avuto  l'unico  fine  di
informare i soggetti rivestenti la qualita' di  socio  della  pretesa
tributaria attivata nei confronti della  societa',  doveva  per  cio'
solo dichiararsi cessata la materia del contendere. 
    Quanto, poi,  alla  sottoscrizione  dell'avviso,  il  funzionario
firmatario dott. Paolo Benasso apparteneva alla terza area funzionale
ed aveva sottoscritto l'atto per effetto  della  delega  conferitagli
dal capo dell'Ufficio: atto del quale provvide a depositare  evidenza
documentale. 
    Sospesa l'esecutivita' dell'atto  impugnato  questa  Commissione,
con  ordinanza  del  6  giugno  2018,  dispose   l'integrazione   del
contraddittorio  nei  confronti  del  socio  accomandatario   Massimo
Dellanoce e della societa' Acquaefarina di  Dellanoce  Massimo  &  C.
S.a.s.  sussistendo  l'ipotesi  di  litisconsorzio   necessario   tra
societa' e soci, mandando al ricorrente di provvedervi per  l'udienza
del 7 novembre 2018. 
    Nessuna delle parti chiamate ritenne di costituirsi.  All'udienza
il ricorrente informo' che presso la  CTP  di  Milano  pendeva  altro
ricorso che egli aveva proposto nei  confronti  di  altro  avviso  di
accertamento, questa volta emesso nei propri confronti e per  redditi
personali, conseguente all'avviso societario qui impugnato. Stante la
fase  cautelare  nella  quale  quel  procedimento  si  trovava  ed  i
possibili riflessi - anche ai fini litisconsortili - di quel ricorso,
chiese - ed ottenne - il rinvio del presente giudizio in attesa delle
determinazioni della CTP milanese. 
    Con successiva memoria 21 dicembre 2018  il  ricorrente  informo'
che quella CTP,  definendo  il  giudizio,  ritenuto  che  il  ricorso
costituiva null'altro che un doppione del presente,  aveva  ravvisato
una ipotesi di litispendenza disponendo la cancellazione della  causa
dal ruolo. 
    All'udienza odierna,  uditi  i  rappresentanti  delle  parti,  la
presente vertenza e' stata trattenuta in decisione e definita come da
dispositivo. 
 
                       Motivi della decisione 
 
    1. - Premesso che nessuna influenza puo' rivestire  nel  presente
giudizio la questione decisa dalla CTP milanese (stante  l'assicurata
integrita' del contraddittorio  tra  societa'  e  soci  relativamente
all'accertamento  qui   impugnato)   la   questione   relativa   alla
sottoscrizione dell'avviso da parte di un soggetto diverso  dal  capo
dell'Ufficio impositore -  cui  nell'ordine  logico  delle  questioni
sottoposte all'esame del Collegio va concessa priorita' di esame - e'
infondata  atteso  che  risulta  prodotta  dalla  resistente   idonea
documentazione   (non   contestata   dal   ricorrente)    comprovante
l'esistenza  di  una   valida   delega   in   favore   del   soggetto
sottoscrittore. 
    Dalla documentazione versata in atti (ordini di servizio; tabella
allegata con indicazione dei tipi di atto e di competenza per  valore
e materia attribuiti ai capi  dei  vari  team,  con  indicazione  dei
nominativi  dei  rispettivi  esponenti)  risulta  che  il   direttore
provinciale dell'epoca aveva delegato per una serie  di  atti  aventi
rilevanza esterna  alcuni  funzionari  appositamente  individuati  ed
altri individuabili in base alla funzione svolta ed  alla  importanza
economica dell'atto; provvedendo inoltre ad esplicitare i  nominativi
dei rispettivi titolari (per quanto  qui  interessa  il  dott.  Paolo
Benasso, firmatario dell'avviso, risulta  indicato  quale  capo  area
IMLA). 
    E la giurisprudenza della S.C. ha ritenuto valido  un  avviso  di
accertamento che rechi la sottoscrizione  di  altro  impiegato  della
carriera  direttiva  delegato  dal  capo   dell'ufficio,   incombendo
all'A.F. di dimostrare, in caso  di  contestazione,  l'esercizio  del
potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o  la  presenza  della
delega del titolare;  obbligo  per  quanto  innanzi  convenientemente
assolto. 
    2.  -  E'  principio  reiterato  e  pacifico  che,   in   materia
tributaria, l'unitarieta' dell'accertamento che e'  alla  base  della
rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle societa' di persone e
dei soci delle stesse e la  conseguente  automatica  imputazione  dei
redditi  a   ciascun   socio,   proporzionalmente   alla   quota   di
partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli
stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un
solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla  societa'  riguarda
inscindibilmente sia la societa' che  tutti  i  soci  (salvo  che  si
prospettino  questioni  personali),  sicche'  tutti  questi  soggetti
devono essere parte dello stesso procedimento e la  controversia  non
puo' essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi;  e  cio'
in quanto la stessa non ha ad oggetto una singola posizione debitoria
del (o dei) ricorrenti, bensi' gli elementi comuni della  fattispecie
costitutiva   dell'obbligazione   dedotta   nell'atto    autoritativo
impugnato,  con  conseguente   configurabilita'   di   un   caso   di
litisconsorzio necessario originario.  Conseguentemente,  il  ricorso
proposto anche  da  uno  soltanto  dei  soggetti  interessati  impone
l'integrazione del contraddittorio ai sensi del  decreto  legislativo
n.  546  del  1992,  art.  14  ed  il  giudizio  celebrato  senza  la
partecipazione di tutti  i  litisconsorti  necessari  e'  affetto  da
nullita' assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento,
anche  di  ufficio  (cfr.  SS.UU.  n.   14815/2008;   Cassazione   n.
25300/2014; Cassazione n. 23096/2012). 
    Sulla scorta di tale  giurisprudenza  ed  in  base  al  principio
dell'unitarieta' dell'accertamento e' vano  eccepire  il  difetto  di
legittimazione attiva in capo  al  Cuzzi,  socio  accomandante  della
societa' attinta dall'avviso di accertamento e quindi  legittimamente
titolato (ed  interessato)  ad  agire  e  contraddire  sulla  pretesa
fiscale che lo riguarda, sia quale contribuente tout  court  sia  uti
socius. 
    Parimenti infondata e' la pretesa dell'Ufficio  di  ottenere  una
declaratoria  di  cessazione  della  materia  del   contendere   come
espressamente   richiesto   nelle   conclusioni   rassegnate    nelle
controdeduzioni.  La  cessazione,  presupponendo  l'esistenza  di  un
sopravvenuto mutamento della situazione dedotta in giudizio di cui le
parti dovrebbero darsi reciproco atto,  tale  da  fa  venir  meno  la
ragion d'essere della lite, e' chiaramente esclusa  dalla  permanenza
della volonta' del ricorrente di ottenere una pronuncia sulla propria
domanda. 
    3. - La giurisprudenza della S.C. ha da tempo  chiarito  che  «il
beneficio d'escussione previsto dall'art. 2304 del codice  civile  ha
efficacia  limitatamente  alla  fase  esecutiva,  nel  senso  che  il
creditore sociale non puo' procedere coattivamente a carico del socio
se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della societa';  ma
non impedisce allo stesso creditore d'agire in sede di cognizione per
munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei  confronti  del  socio,
sia  per  poter  iscrivere  ipoteca  giudiziale  sugli  immobili   di
quest'ultimo,  sia  per  poter  agire  in  via  esecutiva  contro  il
medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale
risulti  incapiente  o  insufficiente  al  soddisfacimento  del   suo
credito» (cfr. Cassazione 16 giugno 2016,  n.  12494;  Cassazione  n.
13183/1999; Cassazione n. 1040/2009; Cassazione n. 28146/2013). 
    Nello specifico l'Agenzia si e' correttamente mossa nel perimetro
di tale principio poiche', tramite l'avviso di  accertamento,  si  e'
limitata a rendere nota sia alla societa'  che  ai  soci  la  propria
intenzione di munirsi di un titolo - sempre che regga nel  successivo
contenzioso - tale da consentirle di agire in una fase successiva  in
executivis, laddove trovera' applicazione il principio in questa sede
impropriamente invocato. 
    4. - Detto  questo  va  affrontata  la  questione  relativa  alla
imputazione per trasparenza al ricorrente dei  redditi  societari  in
applicazione dell'art. 5 del TUIR. 
    In base a detta disposizione i redditi  -  tra  l'altro  -  delle
societa' in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato
sono imputati a ciascun  socio  «indipendentemente  dalla  percezione
proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili». 
    Il ricorrente  ha  ricollegato  tale  disposizione  al  principio
generale di cui all'art. 1 TUIR: in  base  al  quale  il  presupposto
dell'imposta sulle persone fisiche  e'  il  possesso  di  redditi  in
danaro o in natura. La parola possesso dovrebbe  essere  intesa  come
materiale  disponibilita'  di  fruirne  (ovvero  come  capacita'   di
disporne);  ed  applicarsi  anche  ai  redditi  delle   societa'   in
accomandita semplice i quali dovrebbero imputarsi al socio sempre che
lo stesso abbia una effettiva possibilita' di utilizzarli. 
    Nella fattispecie  -  ha  obiettato  -  mai  era  stato  posto  a
conoscenza dell'attivita' sociale di fatto svolta esclusivamente  dal
socio accomandatario Dellanoce. Piu'  volte  egli  aveva  tentato  di
ottenere informazioni sull'andamento sociale senza  alcun  risultato.
Stante l'assoluta inerzia dell'accomandatario egli aveva adito  anche
le vie legali avviando un procedimento ex  art.  700  del  codice  di
procedura civile nanti il Tribunale di  Chiavari  conclusosi  con  un
ordine  rivolto  dal  Tribunale  al  Dellanoce  di  esibire  i  libri
contabili e la documentazione fiscale afferente i suoi  rapporti  con
gli istituti di credito. 
    Dal  testo  dell'ordinanza  -  ha   aggiunto   -   emergeva,   in
particolare, la sussistenza di «elementi che avvalorano  la  tesi  di
una situazione debitoria non felice della societa'; situazione  certo
alquanto pericolosa per il socio accomandante e pure fideiussore  per
le obbligazioni sociali, posto nell'impossibilita' di ricostruire  la
situazione patrimoniale della compagine sociale». 
    Neppure a  detto  provvedimento  il  socio  accomandatario  aveva
ottemperato. Non essendo stato messo  a  parte  della  documentazione
richiesta - conclude - egli continuava a restare del tutto all'oscuro
della reale soluzione  della  societa'  anche  con  riferimento  alla
regolarita' della presentazione  delle  dichiarazioni  annuali  della
medesima e circa  i  relativi  versamenti;  e  quindi  era  privo  di
qualsiasi  informazione  riguardo  all'esposizione  debitoria   della
societa' nei confronti dell'erario, ai redditi eventualmente prodotti
e alle relative disponibilita' liquide, del tutto  sconosciute  delle
quali mai aveva beneficiato. 
    Della sussistenza di dette circostanze  ostative  alla  fruizione
del reddito societario ritiene la Commissione esser stata fornita dal
ricorrente idonea prova.  Poiche'  l'impossibilita'  di  disporre  di
utilita' economiche  costituisce  un  fatto  negativo,  il  Cuzzi  ha
fornito  tranquillante  dimostrazione  di  fatti  positivi   atti   a
dimostrare  la  propria  infruttuosa  attivita'  volta  ad  ottenerli
tramite il ricorso all'A.G.  in  via  di  urgenza  ed  il  testo  del
provvedimento  del   giudice   della   cautela,   ricognitivo   della
indisponibilita' del socio accomandatario a fornire  all'accomandante
le notizie (e le utilita' economiche) che quest'ultimo avrebbe  avuto
pieno diritto di ottenere (e conseguire). 
    Se quindi puo' ritenersi dimostrato che il  ricorrente  non  solo
non ha avuto notizia alcuna sull'andamento societario, ma neppure  ha
percepito - per lo meno allo stato - reddito alcuno  derivante  dalla
propria partecipazione  societaria,  deve  riconoscersi  che  l'unico
ostacolo all'accoglimento della domanda relativa all'imputazione  per
trasparenza  ai  fini  delle  II.DD.  sia  costituito   dall'art.   5
anzidetto; che, invece, lo assoggetta a tributo sui redditi societari
indipendentemente dalla percezione. 
    Detta  disposizione  -  e  segnatamente  detta  espressione  -  a
giudizio  della  Commissione  presenta  varie  criticita'  a  livello
costituzionale. In particolare l'art. 5, comma  1,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 si pone in contrasto: 
        a) con l'art. 3  della  Costituzione  per  la  disparita'  di
trattamento che si viene a determinare tra coloro che, in quanto soci
di societa' di persone, pur non avendo conseguito alcun reddito, sono
soggetti ad imposizione rispetto agli altri soggetti egualmente privi
di reddito che ne sono invece esclusi; 
        b) con l'art. 24 della Costituzione,  sotto  il  profilo  del
diritto alla prova in giudizio, per essere il socio delle societa' di
persone impossibilitato a dimostrare di  non  aver  conseguito  alcun
reddito; 
        c) con l'art. 53 della Costituzione in quanto il contribuente
non percettore di reddito viene sottoposto ad imposizione  in  aperta
violazione del principio di capacita' contributiva; 
        d) con l'art. 113 della Costituzione  in  quanto  per  alcune
categorie di atti fiscali (quelli aventi ad oggetto accertamenti  nei
confronti di societa' a base personale) verrebbe di fatto esclusa  la
tutela giurisdizionale ai soci  che  non  avessero  conseguito  alcun
reddito di  partecipazione  a  differenza  di  altri  soci  i  quali,
parimenti non percettori ma relativamente ad altre categorie di  atti
(quelle aventi ad oggetto accertamenti nei confronti di  societa'  di
capitali), tale esclusione non avrebbero. 
    Ne' varrebbe addurre che il reddito, non conseguito nell'anno  di
imputazione, potrebbe essere dal socio percepito  successivamente  in
dipendenza di azioni giudiziarie che lo stesso potesse intraprendere,
poiche' siffatta  interpretazione  non  solo  altererebbe  il  regime
impositivo dell'anno di riferimento portando a conseguenze  incongrue
(ad esempio il soddisfacimento del credito ottenuto molti  anni  dopo
l'annualita'  di  competenza  non  potrebbe  piu'  incidere   su   un
accertamento emesso anni innanzi per intervenuta decadenza), non solo
potrebbe essere contraddetto da giudizi favorevoli  al  contribuente,
peraltro non  incidenti  sull'accertamento  (il  socio,  ad  esempio,
ottenuto un titolo ricognitivo del proprio credito, non potrebbe piu'
recuperare fiscalmente quanto versato  per  effetto  della  decadenza
nella ripetizione ex art. 21 del decreto legislativo n. 546/1992)  ma
pure si tradurrebbe in un inammissibile solve et repete imponendo  al
socio di pagare sempre e comunque il tributo  senza  possibilita'  di
proporre difese,  per  poi  consentirgli  di  recuperare  -  forse  e
comunque poi -quanto versato. 
    Evidente e' la differenza di trattamento fra il contribuente  che
sia  in  grado  di  pagare  immediatamente  l'intero  tributo  ed  il
contribuente che  non  abbia  mezzi  sufficienti  per  effettuare  il
pagamento, ne' possa procurarseli agevolmente ricorrendo al  credito,
fra l'altro perche', anche in  caso  di  vittoria  in  giudizio,  non
otterrebbe il rimborso delle somme versate se  non  con  ritardo.  Al
primo sarebbe consentito, proprio in conseguenza delle sue condizioni
economiche, di chiedere giustizia e di ottenerla  ove  possa  provare
nel tempo di aver avuto ragione; al secondo questa  facolta'  sarebbe
resa difficile e talvolta impossibile, non solo di fatto, ma anche in
base al diritto, in forza  di  un  presupposto  impositivo  stabilito
dalla legge e consistente nell'onere  del  versamento  di  una  somma
eventualmente assai ingente. 
    Dette considerazioni, come e' noto, sono state poste a  base  del
riconoscimento dell'incostituzionalita' dell'istituto  del  solve  et
repete (v. Corte costituzionale n. 21/1961). 
    5. -  La  questione  -  che  riguarda  solo  le  imposte  dirette
accertate nei confronti sia della societa' che del socio  ricorrente;
impregiudicata ogni questione per l'IRAP e l'IVA -  appare  rilevante
ai fini del decidere perche' il giudizio nei confronti del Cuzzi  non
potrebbe che concludersi negativamente a  seguito  della  presunzione
assoluta di attribuzione al socio dei redditi societari ancorche' non
percepiti;  ne'  appare  manifestamente  infondata  alla  luce  delle
considerazioni sopra svolte. 
    Ne' la norma puo'  essere  interpretata  secundum  constitutionem
stante le inequivoche espressioni  utilizzate  dal  legislatore,  non
spiegabili in altra maniera se non forzando al di la' del  lecito  il
dato testuale. 
    Si  impone  quindi  la   rimessione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale con conseguente sospensione del presente  procedimento
sino all'esito del giudizio di costituzionalita'.